Il congresso internazionale dedicato alla Sindrome di Alport si è aperto il 4 settembre con una sessione introduttiva pensata per accogliere famiglie e pazienti provenienti da tutto il mondo, con una presenza particolare della popolazione asiatica, rappresentata da delegazioni di Cina, Giappone, Indonesia, Malesia e Sri Lanka, oltre a Belgio e Regno Unito. Questo primo incontro ha dato voce alle difficoltà quotidiane vissute da chi convive con la patologia, come l’accesso limitato al trapianto renale in alcune aree geografiche — ad esempio in Indonesia — e la necessità, per molti, di doversi trasferire all’estero per ricevere cure adeguate. Durante la sessione sono stati proiettati video toccanti che hanno raccontato le esperienze personali dei pazienti, mettendo in luce sia le sfide che la resilienza delle persone colpite. È stato inoltre sottolineato quanto l’attività fisica, anche semplice come una camminata quotidiana, possa giocare un ruolo positivo nel mantenimento della salute nonostante la malattia. Come delegata dell’ASAL, ho tenuto un intervento incentrato sull’importanza del supporto psicologico e annunciato con entusiasmo l’avvio di un nuovo programma previsto che avrà inizio a breve.
La seconda giornata, il 5 settembre, è stata dedicata agli sviluppi più recenti nella ricerca clinica e genetica. Tra i temi più innovativi, spicca l’editing genetico attraverso ABE (adenine base editing), che ha mostrato la capacità di correggere varianti patologiche del gene COL4A5, come R373X, con risultati promettenti se applicato precocemente. Si è discusso anche del possibile coinvolgimento del tubulo renale nella patogenesi della malattia, aspetto fino ad ora meno esplorato. Le nuove tecnologie stanno aprendo scenari inediti, come test basati sulla luciferasi per classificare le varianti genetiche di significato incerto e l’uso della spettrometria di massa per monitorare l’aderenza terapeutica. Sono emersi dati incoraggianti sull’efficacia di farmaci come gli SGLT2i e i RASi, anche se la risposta può variare in base al tipo di ARB utilizzato. Infine, sono stati presentati studi epidemiologici da Cina, Sri Lanka e Italia, che evidenziano sia il problema della sottodiagnosi sia i benefici dei nuovi trattamenti anche nei casi adulti e nelle forme autosomiche dominanti (ADAS). Particolare attenzione è stata dedicata anche alle manifestazioni extra-renali, come i disturbi oculari, la perdita uditiva e le alterazioni della cornea.
Il 6 settembre ha posto l’accento sugli aspetti molecolari e genetici più approfonditi della Sindrome di Alport. Le analisi multi-omiche stanno rivelando alterazioni nei lipidi e nelle proteine della membrana basale glomerulare (GBM), contribuendo a una nuova comprensione della lipotossicità a carico dei podociti. Sono state presentate terapie sperimentali estremamente promettenti, come l’uso di tRNA terapeutici per superare i codoni di stop, una versione miniaturizzata del gene COL4A5 pensata per essere più adatta alle cellule podocitarie, e l’impiego di chaperoni molecolari per ridurre lo stress intracellulare. Un altro tema di grande rilievo è stato quello della gravidanza, in cui si è osservato un peggioramento della proteinuria, probabilmente legato a modifiche strutturali della GBM e del glicocalice. L’utilizzo di biobanche e studi PheWAS si sta rivelando utile per valutare la penetranza delle varianti genetiche e la loro espressione clinica. Infine, si è discusso del ruolo ancora sottovalutato degli eterozigoti, soprattutto nelle forme dominanti (ADAS), sottolineando la variabilità nella manifestazione clinica e la necessità di una diagnosi genetica accurata attraverso il sequenziamento dell’esoma.
L’ultima giornata, il 7 settembre, è stata interamente dedicata alle terapie emergenti e agli studi clinici in corso. I farmaci già in uso come i RASi, gli SGLT2i e gli MRA hanno confermato la loro efficacia nella riduzione della proteinuria. Tuttavia, grande attenzione è stata riservata alle nuove terapie in fase sperimentale. Tra queste, Edoxx, una terapia di tipo read-through, ha mostrato benefici a livello podocitario, anche se senza impatto diretto sulla proteinuria. Vonafexor, un agonista del recettore FXR, ha evidenziato potenziali effetti antifibrotici e antinfiammatori. Setanaxib, inibitore della NADPH ossidasi, ha dimostrato un buon profilo di sicurezza, mentre Finerenone, già noto per le sue proprietà, ha mostrato una maggiore efficacia se combinato con gli SGLT2i. Le conclusioni della giornata hanno sottolineato il forte potenziale delle terapie emergenti, pur ribadendo la necessità di raccogliere ulteriori dati a lungo termine per garantirne sicurezza ed efficacia su vasta scala.
Dott.ssa Giulia Nutile -Delegata A.S.AL Rapporti Internazionali